Leggere Leopardi (1974)

W. Binni, Leggere Leopardi, «Avanti!», Roma, 24 febbraio 1974, p. 7. Testo pubblicato a cura di Paolo Petroni in occasione della pubblicazione di La protesta di Leopardi cit.

LEGGERE LEOPARDI

Con questo mio libro sul Leopardi e soprattutto con il lungo saggio iniziale che dà il titolo al libro (libro che si ricollega, a diverso livello di maturazione e di esperienza storico-personale, ad una lunga attività dedicata al Leopardi sin dai giovanili anni del 1934-35, e soprattutto al libro La nuova poetica leopardiana del ’47) ho inteso certamente servire alla verità storica mirando a liberare l’immagine del Leopardi dalla lunga tradizione della sua natura «idillica», catartica, consolatoria e collaborante alla «coscienza felice» della borghesia, e a recuperarne la forza intera – e interamente commutata in grande poesia – della sua posizione di protesta e di rottura, di battaglia ideologica contro la Restaurazione, il moderatismo cattolico-liberale del suo tempo, i miti interessati di ogni concezione religioso-mistica, spiritualistico-ottimistica legata, da una parte, alla tradizione reazionaria e religiosa, dall’altra, all’affermarsi della società borghese aggredita dal Leopardi nella sua logica di potere, nella barbarie del suo «pestifero egoismo» e del suo falso progressismo.

Ma in questo senso, e senza prevaricazione deformante, era inevitabile che io avvertissi, vivessi e rendessi esplicito nel mio lavoro leopardiano un profondo rapporto fra la storicità e l’attualità di «questo» Leopardi, nella cui affermazione non sono stato certamente isolato, ma sempre meglio collegato ad un preciso settore di studiosi leopardiani appartenenti anch’essi alla cultura di sinistra. Servendo alla verità (la grande parola per cui il Leopardi stesso lottava) penso di aver servito insieme, con appassionata persuasione, al recupero di una grandissima forza del nostro passato da parte della cultura di sinistra, che può e deve sentire e far valere Leopardi come un potente e autentico stimolo alla propria stessa attuale problematica e allo stesso valore che essa deve dare alla grande letteratura, avvertendo (e Leopardi in tal senso ci offre un altissimo esempio concreto e consapevole) come la vera e grande letteratura possa e debba essere un potente intervento (non assurdamente privilegiato e isolato, ma neppure appiattito e depauperato della sua forza) nel processo intero e complesso della costruzione della società socialista.

Disse una volta Thomas Mann che era necessario per la civiltà tedesca che Marx leggesse Hölderlin (e nella cultura di sinistra tedesca si è cercato – con un’ottica assai diversa da quella manniana – di rispondere in tal senso fino al tentativo didattico-teatrale di Peter Weiss). Direi che anche per noi è essenziale che Marx legga Leopardi, che la sinistra italiana arricchisca le sua problematica, la sua doverosa lotta lucida e appassionata, priva di illusioni trionfalistiche e di miti dogmatici chiusi, con la energica lezione che scaturisce dalla grande opera leopardiana, nella sua disperata serietà, nel suo pessimismo energico, nel suo accertamento della resistenza di limiti della condizione umana, che escludono facili paradisi (la lezione suprema e rivoluzionaria – per temi e per coerente, intera, moltiplicatrice, modernissima forma poetica – della Ginestra) una strenua disposizione dell’intelligenza e della volontà a lottare, con l’arma della verità, dovuta a tutti, per una società di liberi ed eguali, estremamente ardua e interamente diversa da quella in cui tuttora, drammaticamente, viviamo.